en it - High voltage anywhere

finimondo.org

29/02/2012 - As (unfortunately) often happens, it is the most dramatic events that are able to shake people and make them lose their patience. One thinks a lot about what is happening around the world, showing the institutional causes of the atrocities that infest the lives of each one of us, suggesting possible points of fracture. Everything is absorbed and metabolized, and meanwhile ... But then, suddenly a cop kills a Greek boy, a Tunisian street vendor sets himself on fire in protest, a rebel of the Susa valley falls from a pylon. Everything changes. The unexpected ignites the landscape, what was a hypothesis-fantasy until a moment ago becomes reality.
We have always believed and maintained that the struggle against the TAV was not an issue specific to a small valley in Piedmont. That the timing and means of struggle are not only those decreed by local assemblies in which the various political rackets - of any colour, even if it were the black of anarchy - more or less explicitly contend for the representation of the movement. That every collectivist blackmail that aims to bring together that which should be diversified be rejected. That centralism is a defect, not an opportunity. Taking up an intuition already developed in the 80s during the antinuclear struggles, we persist in believing that it is necessary to decentralize the struggle and pulverize it throughout the country. That if the TAV is everywhere, there is no need to race to Valsusa and show that one is up to the situation that has been created there (and no matter if nowadays it is only in that valley that the enemies of this world can take their great satisfaction). That the only way to give oxygen to that struggle is to get it out of that valley, take it elsewhere. Not summon people to tighten a knot, but seek to spread oneselves to weave an informal network.
Well, for the last 48 hours it is no longer the paths of the Magdalene to be invaded by the opponents of devastation by the State, but a bit all over Italy.
And there are no unique targets, or standard methods. It is no longer the (growling) collective adherence to the instructions of a political class, it is the churning of individual consciousness before the battered body of a comrade in a hospital bed to put today in motion. There are those who picket prefectures and block railway lines, those who occupy faculties and those who neutralize motorway tolls, those who suspend work and those who set fire to a machinery. The unfolding of a myriad of shades, even opposing, but without any synthesis. And there are still many possibilities for action to discover, invent and experiment. Alone or in company, day or night, today or tomorrow. To be equal to oneself, not what is determined by others.
This is also high voltage.


[29/2/12]

http://sysiphus-angrynewsfromaroundtheworld.blogspot.com/2012/03/high-voltage-anywhere.html


Alta tensione ovunque


Come (purtroppo) spesso accade, sono gli avvenimenti più drammatici quelli in grado di scuotere gli individui e di far perdere loro la pazienza. Si ha un bel ragionare su quanto accade in giro per il mondo, mostrare le cause istituzionali delle nefandezze che infestano la vita di ciascuno di noi, suggerire possibili punti di frattura. Tutto viene assorbito e metabolizzato, e intanto... Ma poi, ecco che un poliziotto greco uccide un ragazzo, un ambulante tunisino si dà fuoco per protesta, un ribelle valsusino precipita da un traliccio. Tutto cambia. L’imprevisto incendia il panorama, ciò che fino a un attimo prima era una ipotesi-fantasma diventa realtà.
Abbiamo sempre pensato e sostenuto che la lotta contro il Tav non fosse una questione specifica di una piccola vallata piemontese. Che i tempi e gli strumenti di questa lotta non fossero solo quelli decretati da assemblee locali in cui i vari racket politici — di qualsiasi colore, foss’anche il nero dell’anarchia — più o meno esplicitamente si contendono la rappresentatività del movimento. Che vada respinto ogni ricatto collettivista che mira ad accomunare ciò che deve essere diversificato. Che il centralismo è una tara, non una opportunità. Riprendendo una intuizione già sviluppata negli anni 80 nel corso delle lotte antinucleari, persistiamo a ritenere che sia necessario decentrare la lotta e polverizzarla nel territorio. Che se il Tav è ovunque, non è affatto necessario correre in Valsusa e mostrarsi adeguati alla situazione che là si è venuta a creare (e poco importa se oggi come oggi solo in quella vallata i nemici di questo mondo possono prendersi le loro belle soddisfazioni). Che il solo modo per dare aria a quella lotta è quello di farla uscire da quella valle, portarla altrove. Non chiamare a raccolta per stringere un nodo, ma sollecitare a disseminarsi per tessere una rete informale.
Ebbene, da 48 ore non sono più i sentieri della Maddalena ad essere invasi dagli oppositori della devastazione di Stato, ma un po’ tutta Italia. E non vi sono obiettivi univoci, né metodi uniformi. Non è più la (brontolante) adesione collettiva alle direttive di un ceto politico, è il ribollire delle coscienze individuali di fronte al corpo martoriato di un compagno su un letto d’ospedale a mettere oggi in movimento. C’è chi presidia prefetture e chi blocca binari, chi occupa facoltà e chi neutralizza pedaggi autostradali, chi sospende il lavoro e chi dà fuoco a un macchinario. Il dispiegarsi di una miriade di sfumature, anche contrapposte, ma senza alcuna sintesi. E sono ancora tante le possibilità di intervento da scoprire, inventare e sperimentare. Da soli o in compagnia, di giorno o di notte, oggi o domani. Per essere all’altezza di se stessi, non di quanto stabilito da altri.
Anche questa è alta tensione.


[29/2/12]

http://www.finimondo.org/node/701